giovedì 22 dicembre 2011

Se non pensiamo al problema lo risolviamo...


Come risolvere i problemi? Non pensandoci!

Sembra un luogo comune, ma è proprio così. I problemi della vita non hanno soluzione.
Abbiamo infinite scelte ed alternative, nulla è un problema ma solo un evento al quale attribuiamo un significato positivo o negativo.

Pensiamo alla perdita del lavoro: un evento negativo ma anche l’apertura a nuove possibilità di realizzazione. Oppure al fidanzato che ci ha lasciato: forse la vita che ci aspetterà dopo l’elaborazione della perdita non è detto sia peggiore. Addirittura la perdita di una persona cara può essere un evento di crescita e di rafforzamento della propria personalità. In effetti gli eventi sono per noi negativi quando ci danno dolore,  ma senza dolore non c’è nascita e crescita. L’esperienza dolorosa può davvero completare una persona, renderla meno superficiale e più introspettiva.

Se pensiamo a come risolvere un problema della nostra vita cercando soluzioni corriamo il rischio di amplificarli e di creare dei labirinti dai quali non riusciamo ad uscirne. Non sopportiamo un nostro collega e ci arrovelliamo su come migliorare la relazione, oppure vogliamo risolvere il problema di non litigare con il nostro partner o di farci ascoltare dai nostri figli.
Se applichiamo meccanicamente  strategie di risoluzione potremmo sembrare finti ed artefatti oppure imprevedibili. La strategia è utile solo se ci aiuta a cambiare davvero, a metterci poi in gioco, altrimenti non ha senso. La soluzione è nel mettersi l’animo in pace ed aspettare…aspettare il momento giusto in cui tutto ci apparirà in maniera diversa, agiremo come non abbiamo mai agito ed avremmo finalmente capito. 

L’importante è non pensarci e vivere il momento. 
L’atto creativo avviene  quando abbiamo la mente sgombra e la percezione amplificata e attenta all’hic et nunc (al qui ed ora).

Le cose intorno a noi difficilmente cambiano siamo noi a cambiare lo sguardo su di loro.

sabato 10 dicembre 2011

Una personalità problematica materna può lasciare segni indelebili...

Dalla lettura di: “ Mamma non farmi male: ombre della maternità” di Marina Valcarenghi, ed. Mondadori, Milano,2011

Una lettura interessante, da commentare e da tener presente perché si è madri per sempre e i nostri figli subiranno per sempre la nostra influenza.




EXCURSUS
Fin dai tempi della psicanalisi la figura materna è vista come l’origine dei mali del mondo e non solo delle virtù.
La madre è colei che volontariamente o involontariamente rovina i propri figli.
Winnicott parla di madre sufficientemente buona, delineando un’immagine di madre che sa rispondere istintivamente alle richieste del figlio, che sa quando proporre una novità e sa di cosa ha bisogno il figlio in quel momento. Non è una madre perfetta, ma “sufficientemente buona” quindi accettabile, che cerca di fare il proprio meglio in ogni circostanza. Non esiste una madre che non sbaglia mai, l’importante è poi fornire esperienze correttive al proprio bambino cercando di mettersi sempre in discussione. 
Ad esempio, se una madre interpreta qualsiasi pianto del neonato come fame, non riuscendo poi ad imparare con l’esperienza i diversi bisogni del suo piccolo e ripropone ogni volta del cibo, non sarà una madre sufficientemente buona; ma se dopo qualche tentativo capisce il proprio errore e si rimette “in carreggiata” fornendo dunque esperienze correttive il danno potrà essere evitato.
 …E se la madre ha una personalità ombrosa e problematica? quanto la personalità di una madre può influire su quella del figlio?


La Madre Totale.
Quando una donna identifica la propria esistenza con la maternità possono aver luogo una serie di problemi. Le madri totali sono quelle che affermano di sentirsi pienamente realizzate con la maternità, che rinunciano felicemente a tutto per i propri figli e che rivendicano loro una dipendenza legittima da una madre che li ama e che provvede a tutto. Spesso tali madri ripetono ai figli:”come è possibile che mi fai questo? Con tutto quello che ho fatto per te?” ebbene il loro scopo è quello di voler  rivendicare i propri sacrifici per riuscire veder realizzate le proprie aspettative riposte nei figli. Rinunciano a tutto: amicizie, passioni, lavoro ed anche al marito che spesso riveste un ruolo marginale in famiglia.
I figli delle madri totali fanno fatica a separarsi e a liberarsi dalla madre piovra che cerca di soffocarli con le proprie richieste, chiudendosi in un rapporto di amore/odio complicato.
Le figlie o possono diventare suddite della madre e idealizzandola si sforzano di diventare come lei o decidono di scappare da lei in maniera polemica o piena di rancore. I maschi probabilmente soffriranno problematiche legate alla scarsa presenza della figura paterna, come un’incertezza nell’identità sessuale e soffriranno per problematiche nei rapporti con le donne. Avranno difficoltà nell’organizzare la propria vita e potranno avere diverse forme di dipendenza


La Madre Nera.
La madre nera è colei che metaforicamente lascia una scia di fuliggine nera al suo passaggio che copre ogni cosa e ne spegne il colore. E’ colei che continuamente rimugina su tutti i suoi fallimenti che pensa esclusivamente in negativo ed inconsciamente vorrebbe che i propri figli avessero la stessa condanna. E’ la madre che tinge di nero qualsiasi idea creativa dei figli, che getta dell’amaro su ogni gioia ed iniziativa senza dare nessuna alternativa e nessuna chance; critica e giudica loro negativamente addirittura anche quando ottengono dei successi oggettivi.
I figli cresceranno sentendosi sempre inadeguati e insicuri e porteranno sempre con sé la sensazione di non essere mai stati amati. Come può un bambino capire la madre, il perché del suo comportamento e le sue motivazioni quando viene denigrato per ogni sua iniziativa? Se avverte l’avversità della madre può solo pensare che lei non lo ami, che lo consideri un buono a nulla, un fallito.
I figli o le figlie oltre ad avere comportamenti dipendenti dalle madri iniziano a pensare che la vita è stata ingiusta per loro e si convincono di essere vittime di predestinazioni negative. Avviene appunto il fenomeno della “profezia che si autoavvera”; se la madre crea le premesse di una vita catastrofica, il figlio potrà crederci davvero e costruirsi un avvenire pieno di avversità e tristezza.
Per fortuna esistono anche i figli che reagiscono in maniera vitale alla madre nera e vanno via di casa costruendosi una vita migliore, riacquisendo fiducia in sé e nelle proprie capacità. Purtroppo però capita spesso di trovare in loro un velo persistente di malinconia e tristezza nonostante abbiano una vita appagante.

La Madre Vittima.
 La madre vittima è colei che ama lamentarsi, che reputa la propria esistenza come una sconfitta ed aspetta che qualcuno la salvi dal suo triste destino. Ha richieste martellanti che si risolvono in pianti, insistenze e voglia di commiserazione. La violenza di queste madri si manifesta nel sottoporre i propri figli a continui lamenti, invadono lo spazio dei figli pretendendo di essere comprese, protette e compatite.
 La madre vittima chiede ai propri figli da bambini di non crearle problemi e da adulti di proteggerla e di aiutarla. I bambini cercheranno di comportarsi da adulti per sostenere la propria madre impostando con lei un rapporto anomalo in cui il ruolo genitoriale è del figlio. I figli non ricevendo mai una legittima protezione e rassicurazione della madre, da adulti potranno diventare insicuri e provare astio per quella madre così incapace di autonomia.
Insicurezza, ansia  e senso di colpa sono preponderanti in questi figli che per tutta la vita si sentiranno in colpa per non essere riusciti mai davvero ad aiutare completamente la madre (il fine della madre  infatti quello di legarli a lei in maniera vischiosa e per raggiungere il suo scopo si mostra sempre lamentosa ed insoddisfatta dell’aiuto ricevuto). Potranno inoltre soffrire di dipendenza da alcool e droghe.

La Madre Narcisista.
La madre narcisista vede i propri figli come l’orgoglio di cui vantarsi, ha grandi ambizioni per loro e il suo obiettivo è quello di mostrare i suoi “gioielli”.
Spesso i figli intraprendono strade di successo che purtroppo non corrispondono ai loro desideri più profondi e conducono una vita apparentemente appagante ma che li rende profondamente insoddisfatti.  La madre narcisista esercita una grossa violenza sui propri figli perché non riconosce la loro dignità di persone e il loro diritto a essere diversi da come lei li vuole.
I figli di madri narcisiste diventano anche loro narcisisti: fin da bambini imparano che l’amore è condizionato e da qui nasce l’insicurezza di non poter essere amati per quello che si è veramente.  Il narcisista ha un forte bisogno di conformarsi alle aspettative altrui, non ha fiducia in sé stesso e spesso non riesce nemmeno a comprendere i propri desideri talmente sono confusi ed amalgamati a quelli indotti dagli altri, in primis dalla madre. L’idea di sé in questo caso è mutevole ed evanescente perché dipende dall’opinione degli altri.

La Madre Isterica.
L’isteria in tal caso non la intendo secondo la descrizione definita dal DSM (oggi addirittura non esiste più come patologia a sé stante), ma la considero dal punto di vista naif e non nosografico. L’isterica è colei che si altera per un nonnulla, che ha improvvisi sbalzi d’umori, che mostra un atteggiamento palesemente seduttivo in occasioni non consone. La madre isterica aggredisce i propri figli con i suoi mutismi, i suoi esagerati rimproveri per situazioni in cui non c’è nulla da rimproverare.
I figli crescono nel terrore che qualsiasi azione può essere punita, vivono nella paura e nell’incertezza. Non si fidano degli altri e le loro azioni sono modellate sul senso di colpa di poter generare probabilmente reazioni eccessive.

La Madre Istrionica.
La madre istrionica è colei che ama mostrarsi e attirare l’attenzione altrui. E’ la madre che seduce, che vuole sembrare più giovane e che mette in imbarazzo i figli con i suoi modi stravaganti ed eccessivamente maliziosi. I figli dell’istrionica cercano di non farsi vedere in pubblico con la propria madre e tentano di non invitare amici a casa per evitare di vergognarsi dei suoi modi “bizzarri”.
Vivono nella vergogna e nel bisogno di dover in qualche modo giustificare il comportamento altrui.

La Madre Depressa.
Se un tempo le madri avevano compiti limitati e ben definiti, cioè dedicarsi alla famiglia ed alla casa oggi finalmente le donne hanno la possibilità di vivere più pienamente la propria esistenza. Si può scegliere tra tanti stili di vita anche differenti da quelli tradizionali. Il problema nasce proprio dal non saper amministrare questa nuova libertà e spesso ci si ritrova a perdere di vista la propria essenza per inseguire strade non nostre.
La depressione di una madre può nascere dal condurre una vita che per lei non ha significato, dall’abbandono dei propri sogni e delle proprie passioni per conformarsi alle esigenze sociali e della famiglia. Ritrovare se stesse e i propri interessi significa allontanare la depressione e la malinconia, impegnandosi a conformare ciò che si è a cosa si fa.
La madre depressa rende malinconici anche i propri figli che si sentono abbandonati da una madre che non ha energia per dedicarsi a loro sentondosi superflui ed inutili. Inoltre può accadere che anche loro vivano un’esistenza senza interessi, senza passioni, scialba, dove ogni cosa si fa per un fine e non per la gioia di dedicarsi a ciò che piace. Può accadere poi che il figlio diventi precocemente adulto per aiutare la madre o che rimanga estremamente infantile, chiuso e dipendente da lei.
Nelle figlie si può creare una fortissima dipendenza dalla madre con difficoltà ad aprirsi con gli altri.



La Madre Ansiosa.
Oggi si assiste sempre più alla crescita di questo tipo di madri che corrono dal medico per disturbi insignificanti del proprio bambino. Come mai tanta ansia? Forse le mamme di oggi hanno perso fiducia nel proprio istinto rispetto a quelle di tanti anni fa che dovevano in qualche modo cavarsela da sole anche di fronte a grossi problemi. Ci sono cose che non s’imparano, ma si sanno e basta. E’ l’istinto che ci fa capire di cosa ha bisogno il bambino, è l’istinto che muove il bambino ad attaccarsi al seno subito dopo la nascita.
Forse l’ansia, come dice M Valcarenghi dipende da un diritto di sicurezza che permea la società di oggi. Si cerca di raggiungere una meta impossibile: la sicurezza in un mondo dove tutto è insicuro e mutevole. Millenni fa si viveva in guerra, tra stenti, malattie e catastrofi naturali all’ordine del giorno; nessuno si permetteva di stare in ansia per un ridicolo raffreddore del figlio. Oggi tutto manda in ansia perché l‘agognato diritto alla sicurezza rende talmente insicuri da vacillare di fronte a qualsiasi piccola avversità.
I figli della madre ansiosa possono essere tristi e sfiduciati nelle proprie capacità tanto da raggiungere l’apatia. Il messaggio che hanno appreso è questo: se la mamma si preoccupa tanto per me significa che io non sono capace come gli altri, che non sono in grado di cavarmela da solo”.


La Madre Assente:
La madre assente è colei che dopo aver messo la mondo i figli non vuole poi assumersi il compito di crescerli e di star loro vicino. Delega tutto a figure sostitutive, non partecipa alla vita dei figli e non sta mai con loro. Non conosce i propri figli e scappa dall’incombenza di essere madre. Si nasconde in questa madre, anche inconsciamente, un grande senso di colpa e paura di non amare i propri figli.
I figli a loro volta possono sentirsi “adottati” e considerarsi come un ingombro privo di valore. Spesso chi accudisce loro può diventare molto importante e riparare i danni provocati dalla madre. Se ciò non avviene può nascere un’enorme insicurezza.
                               




Dopo la lettura è bene preservarsi da ansiogeni sensi di colpa o da labirintici ragionamenti su come siamo stati cresciuti da nostra madre.
L’importante è esserne consapevoli e poi dalla consapevolezza può partire il vero cambiamento.
Ogni madre dovrebbe avere gli strumenti per individuare il proprio stile comportamentale sbagliato per poi correggerlo. Ogni donna può commettere degli errori, l’importante è che rimangano casi isolati e che non diventino la modalità relazionale predominante con il proprio figlio.
I problemi vissuti nel rapporto con la propria madre possono sfociare in una grossa dipendenza da lei , dai suoi giudizi, dai suoi insegnamenti e dalle sue esigenze. In tal modo i figli soffocano il vero sé per costruirsi un’esistenza modellata sulle aspettative materne. L’insicurezza, il senso di colpa, la dipendenza da droghe e alcool, i disordini alimentari sono conseguenze di rapporti alterati. 
L’unico antidoto per spezzare il legame logorante con la madre è allontanarsi da lei fisicamente e psichicamente. Andarsene via di casa, costruirsi una propria vita è importante per sperimentarsi e per migliorare la propria autostima. Se non è possibile la separazione fisica allora l’allontanarsi dovrebbe essere psicologico; ogni cosa vista da lontano assume contorni sfocati e non suscita grande impatto emotivo.


A proposito di madri narcisiste….mi viene in mente questo film:




“Bellissima” con un Anna Magnani sommersa dai suoi spropositati desideri di successo. La smania di ambizioni viene proiettata sulla figlioletta costretta a vivere una vita non adatta alla sua tenera età.




venerdì 25 novembre 2011

IL CAMBIAMENTO


La forma del soffione cambia in un attimo, basta un soffio di vento...


Cambiare significa aggiungere qualcosa di nuovo o togliere qualcosa di eccessivo o superfluo. La fortuna dell’essere umano è che può cambiare a seconda delle esperienze che sta vivendo. Il cambiamento può essere positivo o negativo, a seconda delle esperienze che viviamo e di come le interpretiamo. Non siamo vittime delle esperienze, possiamo trarne anche insegnamenti. Perché la stessa esperienza può arricchire una persona o segnare in maniera indelebile un'altra? Tutto dipende dall’attribuzione di significato. Dipende da come guardiamo la realtà.

 Prendiamo come esempio la separazione dal fidanzato\a. Se il nostro compagno\a ci lascia la normale reazione è appunto la depressione e lo sconforto; passiamo dai sensi di colpa misti a tristezza e un vertiginoso calo dell’autostima. Se il cambiamento è positivo, la persona si riprenderà e ricomincerà a vivere diversamente con un tassello in più di consapevolezza. Forse capirà alcuni aspetti su come gestire una relazione,e se alcuni aspetti del potenziale partner non sono consoni ai propri desideri; dunque inizierà a capirsi e a scegliere il partner e la relazione in maniera più consapevole. Sicuramente l’esperienza della perdita in questo caso è stata dotata di un senso esperienziale, di una volontà di crescita e di autoriflessione. Se invece l’attribuzione di senso alla separazione va verso il polo negativo, potrebbe nascere diffidenza verso gli altri partner e paura di impegnarsi in una relazione per poi non rimanere delusi. In tal caso l’abbandono è stato vissuto come un vero fallimento, come una situazione da non ripetere. 

Il vero problema è quando non si riesce a cambiare e ci si ritrova intrappolati in schemi rigidi dell’esistenza che portano sofferenza. Si crea un gioco perverso in cui da copione ci ritroviamo a sperimentare sempre lo stesso tipo di relazioni (ad esempio: vittima-carnefice, sedotta e abbandonata, amore ed odio, fusione ed indifferenza ecc…) Il segreto è nel rompere questi schemi. 

Il cambiamento comporta una rottura degli schemi con cui siamo abituati a costruire la nostra vita, a vedere delle alternative e a scegliere quella più valida per noi. E’ un percorso difficile, ma assolutamente non impossibile.  L’innato bisogno di sicurezza dell’essere umano rende l’impresa come folle ma la vera follia è quella di non cambiare mai nulla pur di non sconvolgersi la vita. Cambiare significa affermare se stessi, la propria individualità. Spesso siamo modellati come la creta sui desideri altrui, acquisiamo la forma che piace agli altri, ma che non è la nostra. E’ come vestire dei panni che non sono i nostri, che sono troppo stretti o troppo larghi e quindi scomodi. Il cambiamento è derivato dall’insieme di esperienze che si accumulano e che in un determinato momento della vita segnano una svolta. Non si cambia per gradi ma il tutto avviene in un’attimo, come un’illuminazione, come la “ lampadina che si accende” che ci illumina su cose che prima erano al buio totale. 

A tal proprosito cito il concetto di insight degli psicologi gestaltisti, cioè intuizione nella forma immediata ed improvvisa e applicano tale teoria nella risoluzione dei problemi.  Quando affrontiamo un problema in molte occasioni abbiamo tante fissazioni e percorsi mentali ripetitivi appresi precedentemente che ci impediscono di analizzare con totale apertura e flessibilità mentale le principali caratteristiche della situazione. La soluzione ad un problema appare perchè siamo stati capaci di ristrutturare le nostre fissazioni ed i rigidi schemi di analisi. Siamo stati in grado di disfarci delle nostri schemi d'interpretazione.

Vi propongo un problema semplice:

Per quale motivo i numeri sono collocati in questo ordine?

5, 2, 9, 8, 6, 1, 0


Se la risposta è incerta offro una nuova pista di risoluzione:

Per quale ragione queste parole sono collocate in questo ordine?

Cinque, due, nove, otto, sei, uno, zero

Ora probabilmente vi sarete resi conto che sono posizionate in ordine alfabetico, fatto che difficilmente potevamo immaginare dovuto all’idea stereotipata che ci induce a pensare come i numeri siano esclusivamente fatti per il calcolo.

A volte è sufficiente considerare il problema da una prospettiva diversa e disfarci un poco dei nostri schemi mentali più rigidi. 

Il cambiamento avviene in tal modo, appunto quando in un attimo cambiamo i nostri rigidi schemi di pensiero e tutto si mostra a noi con maggiore chiarezza. E’ comunque un momento non razionale, direi quasi istintivo, che ci dà forza ed energia per mettere in moto nuove inizaitive.

Cito alcuni Aforismi a me cari sul cambiamento che mi trasmettono coraggio e forza...

"Il problema non è mai come farsi venire in mente qualcosa di nuovo e innovativo ma come eliminare le convinzioni vecchie"
Dee Hock (fondatore di Visa)

"La frase più pericolosa in assoluto è: Abbiamo sempre fatto così"
Grace Hopper (matematica e progettista di sistemi)

Tutti sanno che una cosa è impossibile da realizzare fino a quando arriva uno sprovveduto che non lo sa e la inventa
A. Einstein (fisico)